venerdì 10 settembre 2010

In viaggio con Amandla (parte quarta) L'incidente

In rada a Fort Pierce
11 giugno 2010. Dopo aver navigato per tre ore a motore in totale assenza di vento, si solleva una brezza da est che ci permette di alzare le vele e goderci il silenzio dell’oceano. Arriviamo a Fort Pierce nel primo pomeriggio. Ci accoglie una corrente laterale molto forte e dobbiamo calcolare con largo anticipo il passaggio tra le mede di segnalazione, per evitare di andargli addosso. Inoltre, onde alte un metro entrano nel canale frangendosi, e ci costringono a tenere ben saldo il timone per evitare che la barca si intraversi pericolosamente. Sono momenti di tensione, in cui la concentrazione è al massimo
 e solo dopo aver “surfato” sull’ultima onda che ci spinge dentro il canale, tiriamo un sospiro di sollievo. La carta nautica dice che l’unico punto possibile dove poter ancorare con la nostra barca, è di fronte al Pelican Yacht Club su un fondale di tre metri e mezzo. Non è un bel posto: siamo esposti alle forti correnti che per effetto delle maree, cambiano direzione più volte al giorno e per sicurezza caliamo settanta metri di catena. Per fortuna l’ancora fa subito presa sul fondale fangoso.

Domani a pranzo avremo come ospiti a bordo altri due amici di Fabio, Cindy e Bob. La mattina ci svegliamo di buon’ora per riassettare la barca. E’ sabato, il tempo è bello ed il canale è affollato di barche di tutte le misure, che escono per trascorrere la giornata in mare. C’è una corrente in uscita molto forte, ma la nostra ancora tiene perfettamente. A mezzogiorno Cindy e Bob salgono a bordo: sono simpatici e occupandosi di vendite immobiliari, entriamo subito nel discorso della crisi nel loro settore e di quanto gli appartamenti in Florida si stiano svalutando. Fabio è sceso sotto coperta per preparare il pranzo.

Fabio e Bob a pranzo dopo la collisione...
Ad un tratto ci sfila accanto un ketch con a bordo una coppia di signori anziani. Li saluto come è solito fare in questi casi e loro ricambiano. Si fermano a circa trenta metri dalla nostra prua e calano l’ancora. Mi chiedo che intenzioni abbiano, visto che così facendo rischiano di venirci addosso data la forza della corrente. Chiamo Fabio sotto coperta.
- Credo ci sia qualcosa che non va con una barca là fuori. Stanno ancorando troppo vicino a noi! –
Fabio sale in pozzetto, osserva la situazione e dice allarmato.
- Presto, accendi il motore! Io metto il tender in acqua e vado a chiedergli se è tutto a posto –

Il motore acceso, ci permette di agire sul verricello dell’ancora, oltre a darci la possibilità di muovere la barca.
Fabio si accosta di fianco al ketch e vedo che gesticola guardando verso la nostra barca.
- Hanno il motore in avaria! – urla da lontano – cala subito altra catena all’ancora e metti i parabordi! –
Ho pochi secondi per pensare agli ordini impartiti da Fabio. Abbiamo a disposizione altri trenta metri di catena e se la “filo” tutta, risolvo solo il problema di rimandare di qualche secondo, l’inevitabile collisione. Mi affaccio a prua e noto che la catena, per effetto della corrente, è tesa verso sinistra: se la tirassi su di qualche metro, potrei “offrire” il fianco destro di Amandla all’impatto, anziché la prua. Agisco immediatamente, rimandando a dopo l’eventuale lavata di capo di Fabio per aver trasgredito ai suoi ordini. Amandla reagisce alla manovra, intraversandosi come avevo previsto. Corro a prendere tutti i parabordi disponibili in barca e li fisso sul lato di dritta.
Nel frattempo Fabio sta cercando di rallentare la deriva del ketch, spingendo con la prua sul suo fianco sinistro, a tutto motore. La corrente però è troppo forte e la lotta fra loro è impari: in pochi istanti  l’imbarcazione ci viene addosso.
Per evitare un impatto violento, Fabio si è interposto con il gommone fra le due barche. Mi sporgo fuori e vedo che la carena del tender si è introflessa pericolosamente.
Dopo la collisione...
- Sali a bordo, stai rischiando di rimanere schiacciato! –
- Non preoccuparti, il dinghy è resistente e poi i soccorsi stanno per arrivare! –
Resto lì , pronto a tirarlo su con tutte le mie forze nel caso la carena del tender dovesse cedere. Mi rendo conto che non possiamo fare nient’altro. Nel frattempo i proprietari del ketch presi dal panico, sono rimasti immobili a bordo, guardando nel vuoto. Urlo alla moglie rimasta in pozzetto, di provare ad accendere il motore, ma…niente, non parte!
Il soccorso arriva cinque minuti dopo. E’ una barca con due potenti motori da 250 cavalli. L’uomo a bordo è solo, ma sembra sapere il fatto suo. Con gesto esperto, lancia una cima al proprietario del ketch e dopo essersi accertato che l’abbia fissata bene, dà gas ai motori togliendoci di dosso la barca in un istante. L’abbiamo scampata bella!

Pranziamo cercando di sdrammatizzare l’incidente, ma non è facile nascondere i nostri volti “provati”. Se non altro abbiamo reso la giornata di Cindy e Bob indimenticabile!

La sera si chiude con uno splendido tramonto e con il pensiero che domani ci aspetta la traversata più lunga: 480 miglia ci separano da Beaufort e l’oceano, si sa, a volte riserva sorprese…

Canale di Fort Pierce
Continua…


1 commento:

  1. cavolo che esperienza epica....gran bel carattere nel pensare, come sempre, con la tua testa...complimenti

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