giovedì 2 settembre 2010

Il segreto delle tartarughe di Sipadan

Sipadan
Nell’Aprile del 1988 il Comandante Jacques Cousteau con la sua équipe navigavano nelle acque del Borneo malese, quando approdarono sull’isola di Sipadan. Durante un’immersione, videro uscire dall'apertura in una roccia, due tartarughe. Incuriositi si infilarono nell’anfratto e si trovarono all’interno di una grotta. Nuotarono per alcuni metri fino a raggiungere un tunnel che imboccarono percorrendolo per venti metri circa; alla fine del tunnel si aprì una seconda grotta. Fu allora che videro una scena spettrale:
 una tartaruga galleggiava immobile con il carapace a contatto con il soffitto, gli occhi spalancati e lo sguardo vuoto: era morta da poco. I sub penetrarono sempre più all’interno e scoprirono un’altra tartaruga anch’essa morta di recente. Fu però quando illuminarono il fondo che si trovarono di fronte ad una sorpresa, se possibile, più grande: il pavimento era ricoperto di scheletri di tartarughe; ce ne erano a decine a testimonianza del fatto che questo fenomeno accadeva ormai da molti anni. Giunsero alla conclusione che questi animali entrassero nella caverna restando intrappolate nei suoi meandri e morendo inevitabilmente soffocate.

Rimasi colpito sin da subito da questa storia ed iniziai a fantasticare su quali sensazioni si potessero provare immergendosi in quella grotta…

Agosto 2008. Sono seduto al tavolo nel ristorante del Mabul Island Resort ed a circa 8 miglia di distanza si staglia la silouette dell’isola di Sipadan. Domani sarà il grande giorno. L’attesa degli anni passati rende più magico questo momento.

David è l’istruttore che ci accompagnerà; occhi a mandorla, viso rotondo con un fare austero ma rassicurante. Durante il briefing, ci spiega che raggiungeremo il tunnel che porta nella seconda grotta, respirando una miscela nitrox (arricchita di ossigeno) da una bombola montata sul fianco che lasceremo all’entrata del tunnel stesso; dopodichè respireremo aria dalla bombola in spalla caricata a 200 atmosfere e dovremo tornare alle stazioni nitrox con almeno 130 atmosfere nelle nostre bombole, le condizioni sono tassative e se uno di noi non dovesse rispettarle, l’intera immersione verrebbe interrotta.

La mattina dopo, alle 5.30, la barca ci aspetta puntuale al molo. Partiamo. Il mare calmo ed il cielo stellato, lasciano presagire una splendida giornata. Dopo circa mezz’ora, raggiungiamo il molo di Sipadan mentre il sole inizia a spuntare all’orizzonte.

Ho centinaia di immersioni sulle spalle, eppure in questo momento mi sento emozionato come uno bambino al suo primo giorno di scuola; la sola differenza è che non vedo l’ora di scendere in acqua!

L'ingresso della grotta
Raggiunto il punto d’immersione, ci tuffiamo e David assicura con gesti esperti le bombole nitrox ai nostri jacket. Scendiamo velocemente verso il fondo. Ecco l’ingresso! Un cartello affisso all’entrata avverte che in quella grotta si può morire e a qualcuno è già successo! Facciamo un ultimo controllo alle luci prima di entrare. Immediatamente veniamo avvolti dal buio e pinneggiamo per circa 80 metri prima di raggiungere il tunnel dove toglieremo le bombole di riserva. Le sensazioni sono forti: penso all’emozione che provò l’équipe di Cousteau nel penetrare per la prima volta in questi anfratti andando incontro all’ignoto…

Arrivati in fondo al tunnel sbuchiamo nella seconda grotta; il soffitto è più basso rispetto a quella che ci siamo appena lasciati alle spalle. David illumina il fondo con la torcia. Eccolo! Lo scheletro del carapace di una tartaruga, giace sul fondo e, pochi centimetri più in là il teschio quasi intatto sembra che ci guardi con la bocca spalancata quasi a voler lasciare impresso per sempre il suo ultimo respiro!
Lo scheletro sembra guardarci!

- “Quanti scheletri ci sono in questa grotta?” avevo chiesto a David il giorno prima.

- “Centinaia” mi aveva risposto laconicamente.

Effettivamente la quantità di ossa più o meno ben conservate che abbiamo davanti in questo momento danno l’idea di cosa volesse dire David.

Proseguendo l’esplorazione, passiamo sotto una finissima “cascata” di sabbia: la grotta è formata da corallo poroso, e la sabbia filtra attraverso i pori creando questo strano fenomeno; fa un certo effetto pensare che sopra di noi ci sia la spiaggia dell’isola di Sipadan!. Giriamo verso destra e percorrendo pochi metri, una stretta apertura si staglia nel mare aperto. Il blu intenso dell’acqua penetrando violentemente nell’oscurità della grotta, crea un effetto surreale. Lo scheletro di una tartaruga sotto di noi, lascia supporre che, vedendo la luce si sia illusa di essere scampata al pericolo provando ad uscire inutilmente da questa apertura.

Nel tragitto di ritorno David ci mostra un’altra stranezza: lo scheletro di un delfino giace appoggiato su un piano. Come ha fatto questo mammifero a spingersi così all’interno e perché? Il delfino potrebbe avvalorare l’ipotesi per la quale gli animali che entrano nella grotta si perdano morendo soffocati.

David posiziona il "filo di arianna"
Ancora perplesso, raggiungo insieme agli altri l’imboccatura del tunnel. David recupera il mulinello e mi fa cenno di proseguire per primo come accordato nel briefing del giorno precedente. Seguendo la sagola percorriamo il tunnel a ritroso. Giunti all’uscita, ci sediamo su una roccia e spegniamo i fari restando nel buio totale, ma solo per poco: ad un tratto si accendono decine di minuscole luci bianche che si muovono confusamente davanti a noi; sono Light Fish, le lucciole di mare! Non ne avevo mai viste così tante!.

Dopo 75 minuti di immersione, risaliamo in superficie. La barca ci aspetta; provo sensazioni confuse e contrastanti: mi sento euforico ma allo stesso tempo triste pensando a quell’immenso cimitero subacqueo.

Ad un tratto mi rendo conto che non è più importante scoprire quale sia la vera ragione legata a questo fenomeno; preferisco pensare che anche il mare abbia il diritto ed il potere di conservare i suoi segreti. Ed è per questo che continuerò ad esplorare i fondali ogni volta provando la stessa fantastica sensazione che sentii quando mi immersi in acqua la prima volta.


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