mercoledì 17 novembre 2010

In viaggio con Amandla (parte ottava) I segreti di Belhaven

18 Giugno. Le 50 miglia che ci separano da Belhaven, mettono a dura prova noi e la barca. I canali sono costeggiati da numerosi allevamenti di granchi, posizionati perlopiù ai bordi del percorso ed in acque basse. Dobbiamo procedere lentamente e restare al timone tutto il tempo per non finire su qualche banco di sabbia o addosso ad una delle tante nasse nascoste nell’acqua torbida.
Questi luoghi sono rinomati per l’allevamento del Blue Crab (il granchio blu) che sembra abbia una carne squisita. Purtroppo negli ultimi anni l’eccessiva raccolta, ha messo a rischio la specie costringendo le autorità locali ad adottare misure più restrittive: nel 1993 la coltura del Blue Crab creava un mercato di circa 100 milioni di dollari, mentre nel 2000 tale cifra si è dimezzata. Oggi la produzione fatica a soddisfare le esigenze locali.
Alle 14:30 arriviamo nella baia antistante la città di Belhaven e ancoriamo a duecento metri dalla costa. Spegniamo il motore e veniamo avvolti dal silenzio: è strano, di fronte a noi c’è un paese di circa
 duemila anime, e non si sente volare una mosca!

Una tranquilla strada di Belhaven
Dobbiamo scendere a terra per rifornire la cambusa e cercare una lavanderia a gettoni. Riempiamo tre grossi sacchi di coperte, lenzuola e quant’altro, li carichiamo sul tender e ci dirigiamo verso il molo. L’ormeggio si trova di fronte all’ospedale. Scendiamo a terra e camminiamo verso quello che sembra il centro della città. Le strade sono vuote ed il semaforo ad un incrocio ha il giallo che lampeggia costantemente. I negozi sono chiusi e su molte vetrine c’è un cartello su cui è scritto che non riapriranno più. Mentre sto per chiedermi se siamo finiti in un posto colto da qualche strana epidemia, sento il rumore di una porta che sbatte e le voci di alcune persone.
- Salve, come va? Da dove venite?- Ci chiede affabilmente una donna sui cinquant’anni.
Ci presentiamo e le raccontiamo brevemente il nostro itinerario, chiedendole infine dove possiamo trovare una lavanderia.
- Più avanti sulla destra ce n’è una; è aperta tutto il giorno. Vi auguro buon viaggio e buona fortuna!-

La lavanderia
Nella direzione indicata dalla signora il marciapiede è deserto e non c’è nessuna insegna che indichi la presenza di una lavanderia. Proseguiamo dubbiosi quando finalmente vediamo attraverso la vetrina le tanto sospirate lavatrici sistemate una accanto all’altra in un locale illuminato da luci fioche e totalmente anonimo. All’interno c’è solo una donna che sta facendo il bucato insieme al figlio. Entriamo accennandole un saluto e cominciamo a caricare le lavatrici. Il programma di lavaggio indica che ci vorranno almeno due ore prima del termine e mentre Fabio si siede e comincia a sfogliare un libro, decido di andare alla scoperta di Belhaven. Mi dirigo verso il lungomare percorrendo una via costeggiata da splendide case in stile vittoriano delimitate da staccionate in legno alte poco più di mezzo metro. I giardini antistanti le abitazioni sono curati, così come i fiori e le piante, eppure sembrano disabitate. Incuriosito proseguo verso il molo di un porticciolo dove sono attraccati dei pescherecci, e mentre sono intento a scattare qualche foto, sento una voce provenire dal lato della strada.
– Ciao, è una bella foto per ricordare Belhaven!-  
Mi volto per rispondere alla battuta, ma non riesco a vedere nessuno.
- Ehi, siamo qui!-
Sforzo lo sguardo per cercare di capire a chi appartenga quella voce, quando dietro alla zanzariera di una veranda vedo un uomo ed una donna seduti su un dondolo che agitano il braccio. Le luci all’interno sono spente e faccio fatica a distinguere i loro lineamenti.
- Salve come va?- gli rispondo, - ma dove sono finiti tutti?-
- Siamo in bassa stagione e Belhaven è un posto di villeggiatura. La gente è tornata in città –
- Voi abitate qui? –
- Noi e poche altre persone –
Un abitante del luogo
Li ringrazio per l’informazione e dopo averli salutati proseguo il giro turistico, sollevato dal fatto che nessuna epidemia improvvisa abbia decimato il paese. Alla fine della via svolto a sinistra e di nuovo a sinistra imboccando East Main Street: il nome sembra promettente e decido di percorrerla. Anche qui però la strada appare vuota e l’unica figura umana è un poliziotto seduto in macchina, con cui scambio un cenno di saluto. Più avanti però una singolare presenza attira la mia attenzione: una lepre immobile sul prato mi fissa senza muovere un muscolo. Cerco di capire se sia imbalsamata, quando mi accorgo che respira. Non sembra infastidita dalla mia vicinanza e resta lì impalata a fissarmi. Nel frattempo uno scoiattolo con una ghianda in bocca, passa saltellando davanti ai miei piedi e si arrampica su un albero. A metà del tronco si blocca e come la lepre, fissa incuriosito il nuovo arrivato. Mi viene il dubbio se nel censimento degli abitanti di Belhaven non siano compresi anche gli scoiattoli e le lepri! Le altre attrazioni degne di nota che incontro sulla East Main Street sono una chiesa metodista, una cristiana e più avanti un museo incorporato nell’edificio del comune, tutti rigorosamente chiusi!.

Il municipio
Convinto ormai che Belhaven abbia offerto tutto quello che poteva, faccio ritorno alla lavanderia. Sul retro del locale un uomo sui cinquant’anni sta scaricando a fatica dal portabagagli della sua auto, due grossi sacchi pieni di cose da lavare.
- Aspetta, ti aiuto! – gli dico
- Ti ringrazio! Non sei di queste parti, da dove vieni? –
Mentre gli racconto del nostro viaggio, entriamo nella lavanderia e gli presento Fabio. Si chiama Tom Qualcosa (ha un nome lunghissimo e l’unica cosa che sono riuscito a memorizzare sono queste tre lettere!) e vive qui da sempre.
- Sembra un luogo “tranquillo”! – gli facciamo notare
 - Belhaven non è stata sempre così. L’uragano Katrina nel 2005 e poi Hannah nel 2008, hanno convinto molte persone a lasciare questo posto. Pensate che dopo il passaggio di Hannah l’acqua ha ricoperto la città di circa mezzo metro! Abbiamo impiegato diverse settimane per rimettere tutto in ordine. Naturalmente anche alcune attività hanno deciso di chiudere i battenti -
- Nonostante tutto continui a vivere qui? –
- Dove potrei andare? Qui c’è il mio lavoro e poi a Belhaven ci sono nato –
Una casa sulla baia
Una verità quella di Tom che le due persone “nascoste“ in veranda avevano evitato di dirmi, forse per non rovinare l’immagine di luogo turistico che pensavano mi fossi fatto.
- Ok Marco la biancheria è asciutta, portiamola in barca e andiamo a cercare il supermercato – mi dice Fabio
- Ma il supermercato è a due miglia da qui – interviene Tom - e a meno che non siate fortunati a trovare un taxi, dovrete andarci a piedi! Aspettate, vi accompagno io –
- Grazie sei gentile, ma lasci la tue cose da lavare qui? –
- Le metto in lavatrice e andiamo. Al nostro ritorno saranno asciutte e pronte! –
Veramente intendevo dire se poteva fidarsi a lasciare i suoi vestiti alla portata di tutti, ma poi ho pensato che gli unici ladri possibili a Belhaven fossero occupati uno a brucare l’erba e l’altro a mangiare ghiande…e poi in fondo uno scoiattolo che se ne farebbe delle magliette di Tom!
L’interno dell’auto di Tom è molto simile a quello di altre vetture americane in cui sono stato nei giorni passati: per terra ci sono pezzi di carta, bicchieri e lattine vuote, riviste, spugne e chissà che altro ancora. Mentre cerco un posto dove mettere i piedi senza calpestare i suoi “feticci”, Tom ci racconta che abita in una casa all’interno del paese, che condivide con la figlia più piccola. La moglie lo ha lasciato qualche anno fa e ora è una prostituta, mentre la figlia più grande convive con un ragazzo che fa uso di droghe, è disoccupato ed entra ed esce dal carcere come se fosse la sua seconda casa.
- Deve essere dura per te sopportare tutto questo! –
- A lungo andare ci fai le ossa, e poi le figlie e la fede in Dio mi aiutano ad andare avanti! –
Oltre ad impietosirmi, il nostro nuovo amico riesce a conquistare tutto il mio rispetto!
Arrivati al supermercato ci dice che aspetterà in macchina mentre noi facciamo la spesa.
- Fabio, non so se per te è normale tutto questo, ma non credo di avere mai incontrato tanta gentilezza, disponibilità e cortesia nei confronti di due perfetti sconosciuti, tutte in una sola persona! –
- Lo so è strano, ma questo è un paese piccolo e la presenza di due stranieri ha evidentemente ravvivato la loro vita! –
- Beh, sempre meglio ravvivarla così piuttosto che nel modo in cui ha raccontato Tom!...

Un altro abitante del luogo
Usciamo dal supermercato con due grossi barattoli di gelato per il nostro amico. Contento per la sorpresa ci fa accomodare nella macchina che nel frattempo ha lasciato accesa per tenere fresco l’abitacolo e ci dirigiamo verso casa sua per mettere in freezer i gelati. La casa di Tom è un prefabbricato in legno e mattoni di settanta metri quadrati, dalla forma simile ad un container e poggia su una base di cemento alta circa cinquanta centimetri. La costruzione, nonostante la sua apparente fragilità, è stata concepita per resistere agli uragani ed agli allagamenti e Tom afferma che il suo valore si aggiri intorno agli ottantamila dollari: il problema, secondo me, è trovare un acquirente disposto ad abitare in un luogo in cui gli uragani sono sempre più intensi e frequenti!
Dopo averci accompagnato al parcheggio dell’ospedale e aiutato a scaricare la cambusa, Tom ci saluta abbracciandoci come fossimo vecchi amici.
- Se doveste capitare di nuovo da queste parti, sapete dove trovarmi! –
Sappiamo bene tutti e tre che non succederà, ma la speranza che infonde Tom è per me una bella lezione di vita e confermerà, in seguito, che il nostro amico non sarà una mosca bianca!
Continua…

Belhaven, vista dalla baia








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